Ludwig II e Mark Twain

Mark Twain (1835-1910) è uno dei maggiori scrittori e umoristi della letteratura americana, autore di famosi romanzi come "Le avventure di Tom Sawyer" e "Il principe e il povero". Twain presenta un ritratto di Ludwig II di Baviera, ricco di gustosi retroscena, all'interno dell'opera "A Tramp Abroad" (Un girovago all'estero), una serie di racconti di viaggio pubblicata nel 1880.

 

Il Re della Baviera è un poeta, avendone anche le eccentricità, con il vantaggio però, rispetto agli altri poeti, di poterle gratificare, qualsiasi forma esse possano assumere. È appassionato di Lirica, ma non gli piace stare seduto in mezzo al pubblico; perciò, è capitato a volte, a Monaco, che, terminata la rappresentazione di un’Opera e mentre gli attori si stavano togliendo il trucco e le vesti, arrivasse l’ordine di rimettersi tutto daccapo.
 
Di lì a poco ecco arrivare il Re, tutto solo, e gli attori dovevano ricominciare l’Opera che eseguivano di nuovo tutta intera con quell’unico spettatore nel grande e maestoso teatro. Una volta egli si cacciò in testa uno strano sghiribizzo. Su in alto, e non visibile dalla platea, sulla scena prodigiosa del teatro di corte vi è un vero labirinto di tubi, tutti bucati affinché in caso di incendio, innumerevoli rivoletti d’acqua possano scendere; e all’occorrenza, questo scarico d’acqua possa essere aumentato fino a diventare una vera inondazione. I manager americani potrebbero prenderne nota. Il Re era il solo spettatore. L’Opera procedeva, era un passaggio in cui si rappresentava un temporale; veniva simulato il fragore del tuono e anche il vento cominciava a rumoreggiare e gemere, e la finta pioggia a picchiettare. L’interesse del Re andò aumentando, fino a diventare entusiasmo. Egli gridò:
 
“E’ molto, molto bello, davvero! Ma voglio della pioggia vera! Aprite l’acqua!”
 
Il manager lo scongiurò affinché ritirasse l’ordine; dicendo che avrebbe rovinato tutta la costosa scenografia e i magnifici costumi, ma il Re gridò:
 
“Non importa, non importa, voglio che ci sia dell’acqua vera! Mettete l’acqua!”
 
Così fu fatta defluire l’acqua vera che cominciò a cadere in rivoletti sottili sulle finte aiuole e i sentieri di ghiaia del teatro. Le attrici e gli attori con i loro ricchi abiti si muovevano a volte incespicando ma continuando coraggiosamente a cantare facendo finta di non darvi nessun peso. Il Re ne era felice, il suo entusiasmo andò crescendo finché gridò forte:
 
“Bravi, bravi! Ancora altri tuoni! Altri lampi! Aumentate l’acqua!”
 
Il tuono rombò, i lampi brillarono, i venti dell’uragano infuriarono, le acque del diluvio si rovesciarono. Le maestà raffigurate in scena, con i loro abiti raffinati che aderivano al corpo, guazzavano nell’acqua che arrivava ormai fino alle loro caviglie, ma facevano del loro meglio, gorgheggiando come meglio potevano. I violinisti sotto la pedana ci davano dentro con i loro strumenti, lottando per la vita, con la sovrabbondanza d’acqua che zampillava giù per il collo e sulla schiena, e il vero Re felice e all’asciutto stava seduto sul suo palco elevato e applaudiva con tale foga fino al punto di ridurre i suoi guanti in brandelli.
 
“Continuate ancora!” gridò il Re; “Ancora di più, liberate tutto il tuono, aprite tutta l’acqua! Impiccherò l’uomo che osi aprire un ombrello!”
 
Quando finalmente il temporale più tremendo che sia mai stato rappresentato in un teatro ebbe fine, l’approvazione del Re fu smisurata. Egli gridò:
 
“Magnifico, magnifico! ENCORE! (BIS, BIS!) Ripetere!”
 
Ma il manager riuscì a persuadere il Re a revocare l’encore, affermando che gli attori si sentivano sufficientemente ricompensati e gratificati dal fatto stesso che il bis fosse stato espresso da Sua Maestà, e non volevano affaticarlo con un’altra ripetizione unicamente per gratificare la loro propria vanità.
 
Fortunati furono gli attori dell’atto successivo a cui veniva richiesto un cambio d’abito; gli altri erano ridotti male, inzuppati, disordinati, e a disagio, ma pittoreschi fino all’inverosimile. Lo scenario era rovinato, le porte delle botole erano talmente gonfiate che non funzionarono per un’intera settimana, i bellissimi costumi erano rovinati, e non si contavano i danni minori causati da quell’incredibile temporale.
 
Fu un’idea regale quel temporale, e splendidamente eseguita. Notate però la moderazione del Re; egli non insistette con il suo ‘encore’. Se egli fosse stato un ammiratore dell’Opera americano, allegro e irriflessivo, avrebbe probabilmente fatto ripetere infinite volte il suo temporale fino a far annegare tutta quella gente.

 

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